FINCHÉ VENNE SERA
di Sergio Costanzo
Illustrazione di Elisabetta Cardella
Primavera 1987
Pietro aveva lasciato i bambini dai suoceri, poi era passato a prendere due pizze da asporto. Marta, sola in casa, aveva indugiato sotto la doccia, ornato le unghie con smalto scarlatto e indossato soltanto profumo.
Avevano fatto l’amore con foga, bruciando in un attimo ore d’attesa.
Lenti, molli, pacati di fronte alla pizza scaldata.
“Quindi, domattina andiamo?”
“Si.”
“Verrà, il tuo collega?”
“Si.”
Fuori dal rimessaggio, il giovane Luca sorrise garbato alla coppia.
“Ecco il mio collega.”
“Piacere, Luca.”
“Piacere mio.”
“Hai portato la macchina?”
“Sì, e otto rullini da trentasei.”
L’Arno pullulava di scafi. Rumore, manovre e richiami nell’aria ripiena di fango e benzina.
Pontili e approdi come formicai, era il gran giorno. Trofeo Piaggio, la regata della Lega Navale, 150 miglia con impegnativi bordi di bolina per raggiungere l’isola di Tino e poi lunghe corse col vento in poppa, lanciati sulla Capraia. Gli amanti della vela seguivano la gara dagli scogli, dagli arenili e, se possibile, dal mare.
Il sei cavalli girava al minimo e spingeva l’Alpa 670 dolcemente.
Marta, seduta a tribordo sulla panca del pozzetto, teneva la barra.
Un tintinnio di bracciali si univa al rumore sordo del Johnson.
La foce. A dritta gli scogli e i retoni, silenti guardiani, poi l’acqua salsa pennellata di scafi e di vele. Pietro sorrideva felice e teneva la sua Nikon in grembo come fosse un gingillo.
“Luca, mettiti a prua. Scatta e tieni sempre in bolla l’orizzonte.”
Scie, spruzzi, grida, attimi eterni. Barche come bestie aggiogate bramanti la fuga. Sul pulpito di prua, con gli occhi nel mirino, Luca non scorgeva altro che mare. Ruotava su se stesso come cavaliere in battaglia e tentava di domare beccheggi e rollii. Seguendo uno scafo lucente, aveva inquadrato Marta. Tre scatti rubati, quasi per caso.
Poi, un giro di ghiera e un voluto dettaglio sulle unghie smaltate.
Sirena. Partenza. Fragore. Onda di scafi nell’onda marina e gli specchi di poppa rincorsi da bave di schiuma. Le poche barche rimaste, come foglie portate dal vento, avevano preso rotte diverse e il silenzio era tornato sovrano.
Vele ripiegate, andatura lenta a motore, prua sulle Alpi Apuane. Teleobiettivo, scatti all’orizzonte dipinto di vele. Virata, rientro, poi all’ancora al Gombo. Nel tepore crescente, Marta aveva tolto il foulard liberando capelli castani. Come da crisalide infranta, protese il suo corpo in cerca di sole. Occhiali, testa reclinata all’indietro, collo teso e indifeso, sacro altare, sacrilego dono sulla panca di dritta. Luca, la schiena poggiata all’albero spoglio, puliva le lenti pulite e spiava il volto abbronzato di Marta.
“Preparo i panini.”
Come inghiottito, Pietro scomparve. Due passi decisi. Marta era a prua e, con fare innocente, pose cinque rubini lucenti sul piede di Luca.
Contatto, calore, paura, silente messaggio. Il piede sul piede, fermo, sicuro, offerta palese. Vicini, troppo vicini labbra sfiorate, un bacio rubato e presto interrotto.
“Luca, vieni a vedere qua sotto.”
Due brande, un bagnetto, un fornello e un letto di stoffa azzurrina incastrato contro la prora.
“È piccola ma c’è tutto. Porto su le vivande.”
Eterea ma di carne odorosa, Marta era apparsa dal nulla carezzando il vigile volto di lui.
Luca tremava “Paura?”
“No.”
Marta sorrise “Bugiardo!”
Terrore, emozione e un bacio bagnato con le unghie di fuoco aggrappate alla carne lungo la schiena.
“Saliamo a mangiare.”
Marta svaniva di nuovo. Marta fragile e forte, pudìca e perversa, novizia e padrona. Sconcerto, imbarazzo, dolore. Di malavoglia gli occhi di Luca rividero il sole.
Pranzo, risate, racconti di mare e vacanze col cuore in tumulto lasciato sul letto di prua. Pietro rideva felice mentre altri occhi di brace lanciavano dardi. Parole non dette, carezze non fatte, corpi in prigione alla luce del sole.
Vino, bicchieri, il piede di Marta in cerca di Luca. Trovato! Ancora imbarazzo e un nuovo turgore. E la voglia, il bisogno di morsi e carezze, di carne e di sesso, di graffi e di grida.
“Scendo, vado un attimo al bagno.”
Marta era sparita lanciando un ultimo sguardo.
Pietro parlava, Luca sognava. Aveva sperato in un’onda, in un mostro marino, in un violento e perverso naufragio. Vedeva un relitto, due corpi avvinghiati e un disperso.
Il lavoro, le ferie, Pietro parlava, ma Luca era altrove, sulla pelle di Marta da coprire di baci e respiri, perdizione e tormento.
Luca sognava e Marta, ora nuda in quell’intimo scafo, si leccava le labbra in cerca del sapido bacio e sfiorava i suoi seni e il suo pube, creando languore.
Spazio ristretto, voglia esplosiva, spinse fuori lo sguardo e modulò quel richiamo “Spumante! Venite?”
Luca ignaro, scese per primo. Accecato dal sole urtò il corpo bollente di Marta che, pronta, ghermì la sua preda. Mani bramose in cerca di carne e un bacio sfacciato al collega, di fronte al marito. Per Luca il terrore, un accenno di fuga e la mani robuste di Pietro che lo spingono avanti. Un unico abbraccio, tre bocche. Tre corpi incendiati, finché venne sera a placarli.
DA DOMENICA 11 LUGLIO
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