IL MARE NEL CORPO
di Alessandro Scarpellini
Illustrazione di Diego Gabriele
Bussare alla porta poteva sembrare un privilegio e la profanazione di un luogo intimo in cui tante donne vivevano confidandosi e confondendo amori, mestruazioni, cuori feriti da fughe e amori finiti. Forse era il giardino delle Esperidi fra il Bosforo e le stelle, l’oasi e l’harem della luna.
Non sapevo se Martha avesse già avuto il ciclo, quelle cose misteriose che risentono degli sguardi delle stelle e che hanno sapore dolciastro e difficile da capire per noi che abbiamo un sesso simile alla proboscide di un piccolo elefante.
Allora conoscevo solo il gioco del triangolo con le biglie di vetro colorato, la mamma e le figlie.
Volevo invitarla a passeggiare lungo il mare che era infuriato per il vento di libeccio che stava montando ed ululava come se un branco di lupi avesse occupato la pineta poco distante e là facesse un’orgia di sensi e sangue.
Il campanello pareva un carillon sopra una scatola di cipria, un suono soffuso e sensuale.
Nessuno mi rispondeva, stavo per andare via quasi felice dell’incompiutezza del mio gesto, quando la porta si aprì e Piera mi sorrise. La zia grande, grande per modo di dire, aveva solo sette anni di più della mia ragazza che ne aveva quasi tredici e che era mezza americana per certe intricate vicende e disavventure d’amore di sua madre che alcuni apostrofavano come un’amorale donna un bel po’ puttana.
“Cosa vuoi?” sussurrò Piera con una voce profonda e strana, quasi provenisse da un altro mondo o dal Paradiso Terrestre prima del peccato originale.
“Volevo invitare Martha ad uscire con me” bisbigliai, arrossendo.
“Entra” mi disse lei.
Mi entrò dentro il suo odore, il suo profumo di donna.
Mi eccitarono i suoi lunghi capelli ricci sciolti sulla pelle nuda.
Sorrise, aveva solamente un asciugamano che la copriva in parte.
“Quanti anni hai?”
“Quattordici, domani che è il 15 Agosto” risposi io.
Non feci in tempo ad entrare che mi baciò con la lingua umida e salmastra. Rimasi con la bocca aperta quasi fossi un pesce stregato da un amo d’argento e da quel movimento lento e profondo delle sue labbra sulle mie.
“Hai mai visto una donna carezzarsi?” mi chiese maliziosa e seducente. Il mio imbarazzo la fece sorridere ed eccitare, mi prese per mano e mi portò di là dove dormiva con un’altra sorella che ora non c’era. Era sola in casa e si annoiava. Si sdraiò nuda sul letto e cominciò a mostrarmi la sua segreta farfalla di corallo, il suo sesso dischiuso che già gocciolava di piacere.
Uno strano calore mi salì dalle vene al cuore.
Mi chiamò a sé e mi disse nell’orecchio: “Lecca tutto il mio miele, ogni goccia lecca”. E io, rapito da quell’incanto,cominciai a baciarla là mentre si carezzava e smaniava, facendo brillare i suoi orecchini di pietre turchesi e sussurrandomi “Sei bravo, sei bravo, continua”.
Mi piaceva esplorare e leccare il sesso di Piera che fremeva e l’uccello si eccitava come in certi sogni che erano solo mie fantasie.
Lei se ne accorse e sorrise dopo aver volato lontano e gridato
“Io amo!”
Mi spogliò veloce, carezzandosi e baciandomi, donandomi sulla punta delle dita le gocce del suo miele salato che ancora colavano dalla fessura corallina dischiusa.
“Sarà la tua prima volta qui a Marina con me e non te lo scorderai mai” mugolò, sensuale e dolcissima.
Mi sdraiò sul letto, percorse il mio sesso con le sue labbra e la sua lingua, poi salì su di me e lo introdusse dentro quell’umido rifugio che avevo solo sognato. Sentivo il mare alzarsi per il vento e gemere quando si frangeva sugli scogli.
Mi cavalcò prima lentamente, facendomi suo, poi più velocemente fino a farmi gridare dentro lei umido dei suoi umori ed odori.
Da qualche radio fuori arrivava la voce di Janis Joplin che cantava Kozmic Blues.
Le nostre labbra, dopo, si unirono nuovamente in un intimo ed interminabile bacio.
“Sss… è un segreto fra noi” mi confidò.
Era bellissima e il mio cuore era stregato dalla magia di quello che era accaduto.
“Ora devi andare, potrebbe arrivare qualcuno” mi disse, coprendosi con un lenzuolo leggero ed azzurro mentre un rivolo di sole giocava con l’acqueo splendore dei suoi occhi verdi.
Io oramai ero suo e dell’amore.
Uscii confuso, da Via Milazzo presi per Piazza Gorgona e mi ritrovai in riva al mare che s’era un poco acquietato.
Il vento, dolcissimo ora, mi cullava e i gabbiani sfioravano le onde rimaste in cerca di cibo e luce.
Marina di Pisa era bellissima e splendeva di sole.
DA DOMENICA 11 LUGLIO
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